Il titolo del post è abbastanza ambizioso... andiamo al sodo: se per crm intendiamo solo la parte tecnologica, siamo fuori pista.
Qui bisogna partire dalla strategia e dalle idee.
Ad esempio, "fidelizzare" è la stessa cosa che "conservare" i clienti?
E' vero, spesso come formatore sono il primo a cadere nell'inganno che il termine retention sia sostanzialmente simile a quello di loyalty.
Ma se approfondiamo l'etimologia delle parole emerge una differenza che può aiutarci nella sfida proposta nel titolo.
Il termine "fedeltà", senza altri attributi (mentale, cognitiva, comportamentale, etc...) non può che riferirsi ad un vincolo forte sotto il profilo emozionale tra l'azienda e i suoi clienti. Il cliente fidelizzato è un testimonial convinto della validità della sua scelta, non solo relativamente al prodotto, ma anche a livello del fornitore di quella proposta di valore.
Il termine "retention", che in italiano potremmo tradurre in "conservare", dovrebbe pertanto qualificare quei programmi finalizzati ad evitare la perdita dei clienti, nel migliore dei casi quelli che apportano valore all'azienda, ma che nella realtà continuano a premiare clienti che potremmo definire "opportunisti" o magari quelli legati semplicemente da vincoli inerziali o condizionali.
L'attuazione dei programmi di fidelizzazione e retention dovrebbe poi essere occasione per l'azienda di creazione di conoscenza, ovvero la sua capacità di poter captare sul mercato quei clienti di cui ha veramente bisogno.
Laddove non si verifichino le condizioni appena illustrate, accade che le politiche di customer relationship management siano oggetto di scherno, come testimonia questo articolo pubblicato da la Repubblica lo scorso dicembre.
Allora episodi come quello riportato in questo post indicano che è pura follia premiare la scelta di un cliente a non andare via con un assegno circolare?
Il cliente affezionato è un costo? Lo è, ma vale la pena sostenerlo quando apporta un valore più che proporzionale agli sforzi aziendali di fidelizzarlo.
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