CRM, Customer experience management e social network: possono salvare la politica?
L'articolo firmato da Carmine Saviano apparso ieri sulle pagine di Repubblica mi spinge a tornare su un argomento che mi sta a cuore da anni, dai tempi della dimenticata Fabbrica del Programma alla quale prese parte un mio stimato collega per occuparsi in logica CRM delle relazioni con gli elettori e possibili tali. Ho l'impressione di parlare di qualcosa remoto, nel tempo e nello spazio: eppure tutto accadde solo pochi anni fa. Addirittura, non ricordo i risultati delle elezioni a seguire. Tant'è, sarà stato uno dei dimenticabili governi lampo di cui è capace la sinistra di casa nostra. Ricordo si che i programmi del centro-sinistra, fino all'arrivo di Veltroni, sono sempre stati caratte
rizzati dalla verbosità, dalla necessità del compromesso che sempre ha prevalso sulla leggibilità e intelligibilità del messaggio politico.
Qualche esponente di rilievo del PD ha provato anche ad affidarsi alle mani del massmediologo di turno, professione inesistente inventata dal plenipotenziaro della comunicazione Klaus Davi, ma gli esiti li abbiamo visti. D'altronde da un consulente che lavora per destra e sinistra e persegue interessi lobbistici cosa ci si poteva attendere?
Non sarà certo la presenza su Facebook, Twitter e Youtube a risollevare le sorti della sinistra.
Alla carenza di contenuti e messaggio, non c'è CRM che tenga. Il caso Berlusconi ne è un esempio. Nonostante 5 reti a disposizione e la possibilità di poter influire sulle sorti della terza rete RAI, i recenti scandali ne hanno compromesso il livello di popolarità. In politica, ci si aspetta che il Messaggio sia una sintesi di logos e mithos, che sappia parlare con forza ed efficacia alla mente ed al cuore.
Berlusconi presidia indiscutibilmente la parte emotiva, ma da più parti sembra che abbia perso il filo della razionalità. La sinistra, con Veltroni alla guida, ha avuto la possibilità di giocare su entrambi i fronti. Purtroppo, lo storyteller non è riuscito nell'impresa.
Se mi si permette un luogo comune, direi che il modello Obama è l'esempio da seguire.
Non mi si venga a dire che Obama ha vinto grazie al web 2.0. Il team del Presidente ha saputo utilizzare con efficacia le tecnologie sociali, ma alla base c'erano idee, progetti, e soprattutto la capacità di far l
eva su emozioni profonde. Caduto il Muro di Berlino, in Europa le emozioni sono state lentamente estromesse dalla scena politica. E l'utilizzo che oggi se ne fa è strumentale: al servizio di "piccole" cause, contro questo o quel personaggio politico.
Obama ha dalla sua il messaggio (Change), i contenuti (la riforma del sistema sanitario), le emozioni (Hope), grandi doti da oratore, una strategia di comunicazione vicina alle nuove generazioni, ed un grande progetto politico di riforma.
Oltre la metà dei 740 milioni di $ raccolti in campagna elettorale provenivano da piccole donazioni fatte via internet: con una donazione minima di 15$ si partecipava all'estrazione di un viaggio a Chicago con tanto di cena con il futuro Presidente.
Facebook, twitter, iTunes, la posta elettronica. Certo, anche la stampa, i libri e la Tv. Strumenti più o meno alla portata di tutti (di sicuro le tecnologie sociali, il web 2.o): ma bisogna saperli riempire, e poi usare.
Obama e il suo team non sono stati solo un grande spot elettorale. Questa grande capacità di confrontarsi con la gente prosegue sul sito della Casa Bianca: con filmati di 4 minuti che spiegano perchè sia necessaria la riforma del sistema sanitario.
In Spagna hanno lanciato un interessante programma aperiodico dal titolo "Ho una domanda per te": 100 cittadini ed un uomo politico (in genere, il capo del Governo o il capo dell'opposizione).
In Gran Bretagna, come ricordava il direttore del Riformista ieri, fa carriera nel mondo dei media chi mette sotto scacco il potere. Soprattutto quello politico, di qualunque bandiera sia.
In Italia abbiamo Bruno Vespa, grand commis del potente di turno. O dobbiamo affidarci all'invidioso Miguel Mora, corrispondente de El Pais, per vedere formulate domande che interessano lo stato della democrazia in Italia.
Negli USA, il sito della Casa Bianca ospita l' Open for Questions. I cittadini postano le domande che attraverso un processo di selezione trasparente generano un confronto onesto e sano tra cittadini e il loro (di tutti) rappresentante al potere.
Da noi, invece, le domande generano orticaria e querele. Il nostro non è più un BelPaese: con più umiltà, ci stiamo trasformando in un paese.
1 commento:
Ecco finalmente un pò di analisi comparata che per la politica, quanto per la società in genere, è una cosa che non può fare che bene. Bravo Armando, grazie. FC
Posta un commento