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venerdì 2 marzo 2012

Facebook FanPage: come gestire al meglio la BrandPage su Facebook con il nuovo design

Le influenze del nuovo design delle pagine di Facebook sulla comunicazione corporate.
Mini-guida ad uso del community manager.


martedì 16 febbraio 2010

Dai Social network all'economia della felicità: un percorso trasversale di riflessioni sull'economia ed il benessere

Preg.mo Claudio, stimati ragazzi,
avete fatto un gran salto in avanti (non dovete scusarvi per l'invio dell'email precedente) e ponete domande - complesse - alle quali dare risposta non risulta immediato.

Sarò sintetico nel rilanciare uno stimolo alle 4 domande che ponete.

1: circa 10 anni fa fu pubblicato un libro intitolato "CLUE-TRAIN MANIFESTO". Si diceva all'epoca: "I mercati sono conversazioni". Sembrava forse oltraggioso per chi si occupava di televisione e pubblicità in quegli anni, oggi invece l'oltraggio è una realtà che sta modificando il modo di fare comunicazione ed il panorama delle aziende del mondo della pubblicità. Ci si avvicina, con sempre maggiore rapidità, ad un'economia dove il valore non è nel ritorno finanziario di breve termine, ma nelle persone - ovvero, nei clienti -.
E dove sono i clienti, oggi, se non dentro i social network? E' solo questione di tempo e non ci sarà altro media al di fuori di internet (certo, utilizzato attraverso terminali differenti: pc, telefono, auto, orologio, tv... ma sempre internet sullo sfondo). E' solo questione di tempo ed il divario generazionale che ancora oggi segna l'uso di internet sarà solo un ricordo.

2: CRITICAL CITY ha vinto un premio diversi premi per la carica innovativa del progetto. Appena 2-3 settimane fa c'è stata a Roma la premiazione 2010 dei progetti presentati sulla piattaforma Kublai (che fu il trampolino di lancio di Critical City lo scorso anno). Bene: l'Italia si conferma un paese di innovatori, quello che manca è una cultura e un'economia che supporti sviluppi solleciti animi faccia crescere questa innovazione. Altro ci sarebbe da dire ma vi lancio una proposta tra poche righe.

3: il benessere, dal mio punto di vista, è completamente slegato dal concetto moderno di benessere economico. O, meglio, sono 2 dimensioni differenti, e la prima è sganciata dalla seconda, mentre la seconda dipende strettamente dalla prima.

4: mentre riflettevo sulla vostra ultima domanda mi chiedevo come foste arrivati dal mio intervento sui social media a ragionare sul concetto di economia della felicità. Ed ho ricordato che, prima dell'economista americano Kahneman (documento word) insignito del nobel per le sue teorie di politica economica, era stato il giovane re birmano ad avvicinarsi alla sintesi "felice" tra dimensione economica e dimensione privata, tra benessere e numeri. A sostegno di quanto riportato al punto 3 vi racconto questo aneddoto personale:
mio figlio ha 10 anni. A ridosso dell'ultimo Natale io e la mia compagna abbiamo scoperto che il piccolo aveva costruito un sistema di bugie tale che era diventato piu grande di quanto lui potesse immaginare, e che era sostanzialmente mirato a poter passare piu tempo a giocare che a studiare (diciamo che aveva abusato della nostra "economia della fiducia"). A Natale ha ricevuto i regali, che erano stati comprati già da tempo, ma con l'avvertenza di non potervi giocare fino a quando non avessimo ristabilito un sano equilibrio nel nostro reciproco rapporto fiduciario. Tra i regali, figuravano alcuni titoli per PS2 e WII. Quando la scorsa settimana abbiamo rincontrato la sua insegnante, e ci siamo accertati che eravamo nella giusta direzione, gli abbiamo permesso di poter usufruire di un solo titolo tra quelli regalati a Natale, ed in particolare di un gioco dalle evidenti finalità didattiche (WII Music). Era da tempo che non lo vedevo affezionarsi ad un gioco come in questa occasione. Vedo in lui lo stesso attaccamento che nutrivo io quando ancora esistevano i negozi di dischi, io ero adolescente, e comprare musica era un "lusso" - poi l'avvento del digitale ha alterato questo legame di fruizione -. In sintesi: cio`che ho notato è che quando riceveva in passato 3 giochi allo stesso tempo, era come "confuso" o "abituato" ad averli. Aver invece vissuto questa dimensione della privazione, e poi della scarsezza, ha restituito un senso differente alla sua esperienza. 

Quindi chiedo: secondo voi, cos'è l'economia della felicità?



Il giorno 14/feb/10, alle ore 14:01, Claudio ha scritto:


Gentile Sig. De Lucia,

ci scusiamo per averle inviato in precedenza una e-mail che era solo una bozza e che non poteva permettere di capire quello che abbiamo in mente di fare.
Vogliamo riprovarci adesso sperando di essere più chiari e di rendere almeno l’idea del lavoro che vogliamo intraprendere.

Il nostro progetto prende spunto dalla seguente analisi della situazione:

  1. i giovani passano molto tempo su internet: giochi on-line e social-network soprattutto. Questo rende, talvolta, più difficile rispetto al passato la socializzazione nella realtà quotidiana;

  2. d’altra parte questo crea una rete virtuale di rapporti “facili” e veloci capaci di coinvolgere in brevissimo tempo molte persone che possono anche non conoscersi, superando eventuali difficoltà di socializzazione. Ad esempio, accade che tutti gli alunni o quasi di una scuola si trovino davanti all’entrata sapendo che c’è uno sciopero puramente inventato perché hanno ricevuto un messaggio che lo annuncia: viene quindi ad accadere questo tipo di “manifestazione” che non ha alcun senso se non quello di seguire un messaggio in multipla!

In seguito alla partecipazione a Economia3 ci siamo posti queste domande:

  1. che relazioni ci sono tra i social-network e il marketing? Perché Critical City ha vinto un premio legato all’economia?

  2. il benessere è sinonimo di benessere economico? Che cosa s’intende per “Economia della Felicità”?

Provando a rispondere a queste domande, vogliamo tentare di creare un blog sulla falsa riga di Critical City che coinvolga gli studenti del nostro istituto in una specie di gioco che esca dal virtuale ed entri nel reale, con lo scopo di riappropriarsi degli spazi e degli strumenti della scuola e di contribuire a rendere più facile la socializzazione.
Quindi chiediamo gentilmente che lei ci aiuti a rispondere alle domande che le abbiamo elencato e, in caso di bisogno, speriamo di poter contare su i suoi preziosi suggerimenti.

La ringraziamo per la sua cordiale attenzione e le chiediamo scusa ancora una volta per l'e-mail precedente.



Gli alunni della 5° PA

giovedì 17 dicembre 2009

Social media strategy: una checklist per valutare come e quando operare sul web 2.0

E' di moda... è una gran moda: FORRESTER vaticina che il settore dei social media avrà un incremento medio del 35% nei prossimi 5 anni.
Qui offriamo la nostra mini-guida, utile a tutte le aziende che si stiano interrogando se è il caso di fare un investimento su questo terreno.

La premessa: il maggiore investimento non è tanto monetario, quanto di tempo. Perchè media sociale vuol dire venir fuori dalla logica del broadcasting e della comunicazione a 1 via per intraprendere il cammino dell'ascolto e della conversazione. Profetico fu il testo CLUETRAIN MANIFESTO: i mercati sono conversazioni.
Non fatevi influenzare dalla moda e dall'apparente semplicità di occupare uno spazio su Facebook, Myspace o altro media sociale di successo. Sarà utile forse registrare su queste piattaforme il proprio brand name prima che lo faccia qualche furbo, ma compiuto questo passo è il caso di elaborare la propria strategia.

A: chiedersi perchè. Perchè dovreste avviare un progetto di comunicazione e interazione sui social media? Ê lì che si trova il vostro pubblico? O rappresenta piuttosto un modo per entrare in contatto con un nuovo segmento di clienti? Evitate di farlo perchè lo fanno anche gli altri. Cercate di capire dove sta il vostro vantaggio. E quale sarà la creazione di valore per il vostro pubblico di riferimento.

Il primo corollario sarà:

  1. Chi sono le persone cui ci rivolgiamo?
  2. Quali sono i "non-luoghi" che frequentano?
  3. In quali conversazioni sono coinvolte?
  4. E' opportuno unire la nostra voce a questa conversazione?



B: chiedersi come. Soprattutto, come vi guadagnerete il rispetto in un luogo dove la comunicazione sfugge al vostro controllo ed il potere è nella voce dell'Onda Anomala,  come vi presenterete al vostro pubblico,  se vestirete il frac o il completo adatto ad un casual friday. Le persone cui vi rivolgete sono sostanzialmente dei "creatori" cui poter demandare/delegare la produzione di contenuti di valore, o piuttosto sarà vostra responsabilità postare, supportare, ascoltare, e di nuovo parlare, moderare, indirizzare?

  1. Andrà fatto salvaguardando il rapporto di fiducia che ci ha contraddistinto fino ad oggi.
  2. Dovremo trovare il giusto punto di equilibrio tra conversazione e promozione. Mai la promozione dovrà essere un urlo che scavalca. Si, potrà essere alta la nostra voce se alto sarà il valore per i nostri interlocutori.
C: quali obiettivi. Cosa ci aspettiamo come ricompensa del nostro tempo e del nostro impegno? Saremo capaci di misurare il ritorno sull'investimento di queste iniziative?

D: quando controllare cosa sta accadendo. E, di conseguenza, avere un piano B nel cassetto. Saper agire con tattica per migliorare, reindirizzare, e per essere in tempo a cambiare strategia. Soprattutto, apprendere dall'esperienza.

lunedì 14 dicembre 2009

Defacing Berlusconi: La comunicazione politica in rete

La notizia del giorno dalle 19 di ieri è sicuramente il defacing compiuto sul volto del presidente del Consiglio italiano. E' una notizia che occupa tutti i titoli dei giornali, anche di quelli esteri.
Ieri ho speso una buona mezz'ora su TWITTER, leggendo l'interminabile flusso plurilingue di rilanci sulla notizia. Stamane ho girovagato 15 minuti su facebook, ed è qui che ho notato qualcosa di strano.

E' quindi un'occasione per riprendere le fila del discorso avviato a settembre sul CRM al servizio della politica, per intenderci sugli ultimi echi della vicenda escort a palazzo Grazioli affrontata pubblicamente in Italia da un noto giornalista della stampa estera.

Cerchiamo di capire cosa sta accadendo in queste ore in rete.

Innanzitutto, TWITTER: dall'India alla Francia, dalla Spagna all'Inghilterra, laddove il tweet non era sul semplice fatto ma dotato di un commento, in genere questo commento era contro Berlusconi (nel senso generale di un sottile piacere nel rilanciare la notizia sul defacing...). Ma è noto che nel mondo del business i clienti (o utenti, o cittadini - nel nostro caso - "del mondo") che parlano in genere parlano CONTRO, si lamentano, raccontano la loro esperienza negativa.... C'è da dire che su twitter è un pò scoppiata la pentola: è emersa non dico la gioia (di pochi) quanto, ribadisco, il sottile piacere (già più numerosi) generato da quanto era accaduto. Mi colpiscono gli applausi in portoghese a Tartaglia, il dispiacere di un indiano di non comprendere la nostra lingua per poter leggere i post su facebook di uno dei gruppi su TARTAGLIA SANTO SUBITO, e  la diffusa visione iberica che in qualche modo il defacing se lo sia cercato....

FACEBOOK: dai 15 minuti passati sulla nota piattaforma è nata l'esigenza di scrivere questo pezzo. Dai commenti in tempo reale presenti sul mio profilo non è stato difficile individuare qualcuno dei miei contatti diretti o indiretti già iscritti a gruppi pro Tartaglia o pro Berlusconi. Ovvio che subito si son levate voci di censura (da destra) invocando la chiusura dei gruppi in favore di Tartaglia (insomma, il sarcasmo non può essere di cattivo gusto, per una certa parte politica proprio non ha diritto di essere...).

Ho notato come uno dei gruppi a favore di BERLUSCONIcontroTARTAGLIA (4381 membri, gestito da studenti leghisti) recita testualmente: "Questa persona a mio parere doveva essere lasciata al linciaggio della folla!!"  Anche questo è un segno interessante dello stato di salute sulla nostra democrazia, dove chi invita ad abbassare i toni nel mentre li alza più del dovuto.




Internet è comunque inarrestabile e nel mentre c'è già il gioco in rete, banale ma con la sua colonna adsense a lato pronta a monetizzare l'evento.

Ce n'è un altro che ha rapito la mia attenzione: questo gruppo ha toni meno accessi e violenti, raccoglie + di 300.000 iscritti ma è gestito da un sito d'aste.... e a latere presenta una serie di link, tra cui uno al sito del popolo della libertà e l'altro ad un giornale che si professa senza divisa, ma che leggendo attentamente sembra indossare proprio la divisa del potere corrente. 







Cmq, a conti fatti, se su Twitter l'onda sembra essere neutra o contro B., su Facebook in questo momento siamo a 50.000 Tartaglia vs 500.000 Berlusconi...


La ciliegina sulla torta è arrivata mentre scrivevo questo pezzo: Sandro Ruotolo di Anno Zero pubblica una nota in cui ci si interroga chi ci sia dietro questo proliferare di fan pro Berlusconi. Ci si interroga se sia davvero possibile che una pagina possa crescere di 300.000 utenti in una sola notte... è difficile, caro Sandro, ma non impossibile in un sito come FACEBOOK che conta 10 milioni di persone. E poi bisognerebbe capire quanti iscritti aveva quella pagina il giorno prima, altrimenti come facciamo a sapere  quanti ne ha guadagnati in una notte???? Cmq, certo--- è un pò strano che un sito sia a favore di Berlusconi e contemporaneamente sia ben in evidenza l'asta sull'IPHONE... magari è solo un modo per creare traffico a costo zero surfando con scarsa intelligenza sulle notizie di cronaca.

(Tornando sullo stato della democrazia in Italia: sempre su Facebook è degno di lettura l'ultimo intervento di Roberto Saviano sull'imminente chiusura del processo SPARTACUS. In un Paese davvero democratico bisogna essere garantisti, permettere il diritto alla difesa e alla replica. Ma quando si occupano certe cariche, forse è il caso di darsi regole + strette ed avere la decenza di dimettersi - per puro decoro istituzionale - come accade nelle più mature democrazie anglosassoni. Ma si sa, il decoro ormai non regna sulla penisola.)


Cmq, alla fine, volevo dirvi che un istituto di ricerca mi dà il 90% delle preferenze se mi candidassi adesso alla carica di presidente del Consiglio, e dà il Partito Democratico ad appena il 15%... Caspita, non sapevo Rutelli valesse tanto!!! Ah.... è lo stesso istituto di ricerca del presidente del Consiglio, quello che dava i numeri ieri in piazza Duomo a Milano :-)

mercoledì 2 settembre 2009

La Marca in rete

Un recente articolo apparso sulle pagine de El Pais ha richiamato la mia attenzione, soprattutto dopo la lettura estiva dell'ormai osannato "Groundswell" di Josh Bernoff.

L'articolo parte da lontano, anche se non lo lascia a intendere: narra dei primi passi di Vichy, brand del gruppo L'Oreal, nella blogosfera ( e quindi si parla di eventi collocabili temporalmente nel 2004...). Per chi non conoscesse l'antecedente invito a leggere l'interessante rassegna del caso firmata da Shel Israel , del quale è in uscita sul mercato americano un testo che non mancherò di leggere, "Twitterville".

In breve, Vichy è stata una delle (non poche) aziende ad entrare nella blogosfera con malizia (analogo caso ha interessato il colosso Coca Cola al lancio della Zero sul mercato australiano supportato da una fake community sul web... una campagna da 18 mil di $ che ha avuto tra i suoi frutti siti parodia come questo), ovvero cercando di dare in pasto agli internauti che una signora non più giovane, la sedicente Claire, era rimasta affascinata dagli effetti della nuova crema anti-età e ne parlava spontaneamente su un blog (se lo trovate in rete lasciate un commento sul post, io non ne sono stato capace).


Ma l'onda anomala non tardò a scoprire l'inganno, e l'azienda francese, ben consigliata da Loic Le Meur, tardò poco nel correre ai ripari scusandosi con il pubblico e dando vita ad un vero e proprio blog... che però non mi risulta sia ancora vivo! (di nuovo, se lo trovate, segnalatelo).

L'onda - che sarà il leit motiv del mio intervento all'imminente seconda edizione del Festival dell'Economia3 di Prato - non perdona, ma soprattutto vigila, parla, alimenta un flusso di informazioni che le aziende non possono arginare.

Ecco perchè oggi Internet è il territorio sul quale i grandi non possono fare a meno di stare, ed i piccoli farebbero bene ad arrivare non troppo tardi. Forse non sarà domani, non sarà il mese prossimo, ma ormai siamo abituati a cambiamenti epocali che si consumano nel giro di pochi anni. Oggi Giampaolo Fabris ironizza sui difetti visivi dei professionisti del marketing, rei di non riuscire a contestualizzare la complessità del vissuto dei consumatori, mentre già nel 1972 McLuhan in "take Today" prevedeva la confluenza in un'unica figura del produttore e del consumatore, il PROSUMER coniato da Alvin Toffler nel suo "la Terza Ondata" del 1980.

Non so perchè il prof. Fabris ce l'abbia tanto con i professionisti del marketing (ho contato almeno 3 post critici, per non dire anti-....): il mondo è complesso, non solo quello della finanza, i guru non mancano, ma neppure gli imbroglioni. Ma soprattutto nel marketing domina ancora una corrente tradizionalista (esistono i talebani del marketing), le barbe lunghe che ancora credono agli spot tv e ai banner internet come il miglior modo di restare in contatto con il proprio pubblico. Se è a loro che si rivolge il prof. Fabris, condivido. Ma "al di sotto della linea" di visibilità credo che l'Italia abbia non pochi talenti, professionisti capaci di far superare la crisi alle non poche aziende in difficoltà. Certo, bisogna sapere a quale porta bussare, perchè il mondo dei consulenti cela tanti prestigiatori al suo interno, ma anche tante competenze e risorse di valore.

La crisi: dov'è il marketing? Non credo che le risposte possano arrivare dai canali tradizionali, nè dalle grandi agenzie pubblicitarie (e la pubblicità è solo uno degli strumenti del fare marketing). E una buona risposta non consiste in una ricetta unica e buona per tutti i palati.

Personalmente, ai miei clienti da 2 anni a questa parte chiedo meno risorse da destinare in pubblicità, ma più tempo da dedicare nella coltivazione delle relazioni con i rispettivi interlocutori. Chiedo più attenzione, maggiore capacità di ascolto. Chiedo più dialogo, e maggiore capacità di addentrarsi con coraggio nella complessità. Sperimentando, ma non mentendo. Le bugie, si sa, hanno le gambe corte.



venerdì 22 maggio 2009

Monetizzazioni e marketing dai social media e dal 2.0

Non senza una punta di compiacimento stamane ho letto l'intervista di Raffaele Rovati (Finanza&Mercati) al responsabile digital media di Matrix, Giancarlo Vergori, che sostiene in pieno la mia tesi sul web 2.0... cito letteralmente: "Il web 2.0 non è nulla di nuovo. I social network, le comunità, già esistevano. L'unica differenza, puramente tecnologica, è il miglioramento degli strumenti...".
Passato il compiacimento, mi ha colpito la sua riflessione sulle difficoltà di comunicare al mercato italiano cos'è il web 2.0: ovvio, non creda faccia riferimento a Barilla e Fiat, ma al solito, maggioritario, molto produttivo tessuto economico italiano, che è fatto di tanto spirito imprenditoriale, ma scarsa attenzione ai sistemi di gestione della conoscenza. Forse quelli di Matrix hanno difficoltà a vendere il web 2.0 alla stragrande maggioranza delle imprese italiane? Beh, non credo siano gli unici....

E`vero, il mercato della pubblicità online tiene e cresce sempre a 2 cifre, ma ricordavo i dati visti appena 5 mesi fa di una ricerca USA commissionata da Microsoft e dalla quale risultava che il 59% della piccole imprese americane non si erano ancora avventurate sul territorio del search engine marketing... per non dire che molti preferivano avere a che fare con la dichiarazione delle tasse piuttosto che maneggiare un piano di search marketing.

I considerazione: mal comune mezzo gaudio, siamo indietro noi ma lo sono anche loro.
II considerazione: se si è intimiditi dal very friendly marketing delle parole a pagamento, in effetti la trovata del 2.0 non aiuta molto ad alfabetizzare (fatta eccezione per i grandi, che hanno sempre tante risorse da spendere e quindi possono sperimentare nel bene e nel male... spesso, nel male!).

Poi, a caccia di dati, scopro questo report di Knowledge Networks che mette in discussione l'efficacia dei social media sulle decisioni d'acquisto: sembra che facebook, twitter & Co. rientrino nelle forze random della lunga coda di marketing in quanto ad influenza sul comportamento dei consumatori. Meno del 5% (campione: 418 intervistati) dichiara di far riferimento ai social network in merito alle decisione d'acquisto di 8 differenti tipologie di prodotto-servizio.

I considerazione: che la nutella sia tra i brand vincenti su facebook non significa che se ne venda di +, però certo è una buona misura dell'intensità del legame tra consumatori e marche.
II considerazione: siamo ancora in fase d'avanzata immaturità, e come detto sopra, chi può corre e si lancia sul noto ignoto 2.0.qualcosa.... un pò come accade quando si affacciò sul mercato il CRM: e tutti a correre sul crm, ma alla fine ci sono solo banche, telco e assicurazioni, mentre la piccola impresa è ancora da alfabetizzare checchè se ne dica
III considerazione: è stata una lunga giornata e me ne vado a letto... buonanotte!