lunedì 21 aprile 2008

IL RUOLO DEL CRM

Gli individui tendono naturalmente ad aggregarsi sulla base di interessi comuni.
Seneca abbracciando la filosofia dello Stoicismo da cui mai si separò disse: L’uomo è un animale sociale. Le persone non sono fatte per vivere da sole”.
Certamente, Seneca, descriveva l’uomo dell’antica Roma, della Roma Imperiale, ma oggi il suo pensiero può tornare attuale.
Se rivisitato in chiave moderna possiamo interpretarlo come uno stimolo che ci porta a decidere di relazionarci in modo nuovo, efficace e perché no…Essendo l’interazione un processo inevitabile, poiché è presente in qualsiasi tipo di comunicazione dove anche il ricevere diventa azione…Sia essa accidentale, ripetuta, regolare e regolata…Perché non trarne anche profitti e benefici.
Il profitto è una parola che deriva dal latino e significa “Andare oltre”. Il profitto, o utile, risulta dal bilancio d'esercizio e rappresenta il reddito dell'imprenditore (sia esso un singolo, oppure una società).
Il profitto è senza ombra di dubbio, il risultato di un successo e si ottiene quando passione ed esigenze comuni si incontrano.
Maggior profitto si ottiene se si ricercano e si studiano anche strategie di mercato valide e mirate, piani di azione e analisi sulle opportunità ed i rischi in esso contenuti.
Nella fonte a me assegnata (http://www.destinationcrm.com/) suddivisa in dieci Topic Centers
(Sales Automation, Marketing Automation, Cust Svc/Call Center, Analytics, Channel Mgmt, Integration, SMB/Mid-Market CRM, Enterprise CRM, Industry news e Verticals), ho analizzato uno di essi, in particolare il Cust Svc/Call Center con riferimento all’articolo di Jessica Tsai – Titolo:
7 Qualities of a Customer-Centric Business, National Retail Federation Convention '08: According to the 97th annual NRF confab, what really matters in today's economy goes far beyond price.
Fred Balboni (partner dell’IBM Global Business Services Application) durante la sua presentazione “Harness the chaos in today’s connected world” ha messo in evidenza 7 fattori necessari che un’azienda deve possedere per ottenere successo e raggiungere quella che lui definisce “Fedeltà divina”.

Store experience: l’importanza di creare una forte connessione fra il cliente e l’Azienda valorizzandola su internet come ha fatto la BarnersAndNoble.com che strategicamente ha puntato sull’utilizzo di immagini di alta qualità, interattività e clip multimediali.

Convenience: l’importanza per il cliente di “Fare shopping” facilmente senza che diventi una “Caccia al tesoro”, in questo critica la Wegmans Food Markets che non ha saputo ottenere elevati livelli di “Customer advocacy).

Range and assortment: bisogna soddisfare tutte le sigenze del cliente.Ogni cliente ha esigenze diverse. Il cliente ritorna se è soddisfato dice Fred Balboni.
La Wegmans Food Markets in questo è specializzata per esempio è in grado di offrire 7 tipi differenti di mele.

Quality: i clienti vogliono prodotti di alta qualità. Se i clienti sono soddisfatti si crea una “Brand loyalty”.

Customer service: se è efficiente potenzia le vendite, basta pensare alla Public Super Markets (con sede nel Sud-Est degli Stati Uniti), che non solo ascolta le richieste del cliente, lo guida nella scelta, ma lo aiuta persino a caricare la spesa.

Multichannel: i luoghi dove un consumatore può accedere sono innumerevoli.Da qui l’importanza di colmare tutti i canali creando un rapporto simbiotico che aiuta a promuovere l’attività di ciascun canale singolarmente. Nonostante il valore della merce sia alto, Tiffany’s ha raggiunto questo livello di sofisticazione multicanale con una funzione Web-to-phone (il cliente riceve la chiamata da uno specialista).

Product availability: qualsiasi negozio, qualsiasi luogo, in qualsiasi momento. Il cliente deve poter trovare sempre ciò che desidera.

Fred Balboni abbandona nel suo studio la tesi che le aziende devono essere “Prodotto-Centriche” a favore della tesi “Cliente-Centriche”.Il cliente viene prima di ogni cosa perché offre un valore aggiunto all’azienda in quanto accresce i ricavi, ma questa mentalità orientata al cliente non si materializza per caso, bensì con l’impiego di strategie mirate che si fondano su quanto descritto precedentemente.

Vorrei pertanto proporre una mia analisi, per dimostrare quanto le indicazioni di Fred Balboni siano convincenti trovando applicazioni e risultati in realtà molto vicine a noi, senza che neppure immaginiamo.

Prendo come esempio l’Ac Milan al fine di dimostrare che lo sport non è solo un fenomeno sociale di enormi dimensioni, ma anche economico, visto che il complessivo giro di affari ammonta a trenta miliardi di euro annui.

Vorrei focalizzare l’importanza del legame esistente fra sport e marketing relazionale ricordando che alcune società calcistiche come Manchester e Arsenal hanno scelto, da anni, di adottare ed utilizzare il CRM (Customer Relationship Management) per incrementare i propri guadagni.

Seguendo questo esempio, in Italia, abbiamo l’Ac Milan che l’ha adottato per la sua organizzazione e gestione economica.

L’Ac Milan, da oltre un secolo, è sinonimo di calcio, passione e risultati…E’ infatti, uno dei club che vanta il maggior numero di trofei internazionali, ma può essere considerata anche una “Entertainment Company” che ha pensato e studiato piani di azione adeguati per fare business in una mappa ricca e complessa di relazioni.

Il suo punto di forza è stato non scindere la dicotomia “Organizzazione/Mercato” utilizzando i tifosi come attori principali della sua impresa in rete creando una nuova dicotomia “tifosi/Clienti” che ha portato alla creazione di una community rossonera.

L’Ac Milan abbandona l’orientamento production oriented dove l’azienda si concentra esclusivamente sulla produzione del prodotto rendendolo efficiente, a favore di un orientamento non lineare, ma circolare.

L’idea di questa azienda a mio avviso, è quella di applicare in senso lato il pensiero di Philip Kotler, ritrovato anche nell’articolo descritto da Jessica Tsai, ovvero concentrare le risorse, migliorando le tecnologie innovative interagendo con il ”Tifoso/Cliente/Attore” per individuare i bisogni ancora insoddisfatti (ascoltandolo comprendendo le esigenze di mercato) rispondendo con offerte di valore mirate e competitive, da qui l’impiego delle quattro C (Customer value, Customer costs, Customer convenience e Customer communications) e solo successivamente delle 4 P (Product, Price, Place e Promotion).

Per accrescere la propria Brand value l’Ac Milan si è infatti affidata all’utilizzo del CRM creando servizi
customizzati e un vero e proprio database centralizzato utilizzando il sito internet (http://www.acmilan.com/) edidato in 6 lingue con più di 15 milioni di visite mensili per acquistare, vendere e comunicare.
Punto cruciale è stato focalizzare l’attenzione sulla newsletter per comprendere meglio bisogni ed esigenze del “Tifoso/Cliente” e utilizzare il Direct e-mail marketing dove sponsor importanti come Adidas, Sky e Mediaset hanno publiccizato i loro prodotti o risorse alternative.
Altri strumenti sono stati l’area games del sito o la possibilità di cambiare online il nominativo sul biglietto della partita.
I risultati ottenuti sono stati notevoli tanto è vero che il Data base è cresciuto notevolmente sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
Si può senz’altro dire che l’Ac Milan ha puntato su un andamento cliente-Centrico sia nel caso Business-to-Business sia nel caso Business-to-Consumer ottenendo ottimi risultati in una dimensione esterna al calcio non per questo meno importante considerato il ruolo che lo sport assume oggigiorno socialmente ed economicamente.
L’Ac Milan è riuscita in pochi anni ad avere riscontri positivi con il ROI (Return on investment) e ad ottimizzare il processo di “Brand awareness e Brand loyalty” ed aumento del LTV (Lifetime value) dimostrando che l’impiego del CRM ( Customer service/Web-Based service, field service e storing dei dati) incrementa il successo di un’azienda.

Concludendo, l’Ac Milan applica quotidianamente ciò che Michael Lanning ritiene fondamentale ovvero che “Le imprese vincenti siano quelle che sviluppano una proposta di valore competitivamente superiore ed un miglior sistema di trasmissione del valore.

domenica 20 aprile 2008

L'advertising efficace: l'approccio NPS

Occupandosi quotidianamente di marketing, spesso capita di contribuire, nei modi e nei tempi più disparati, alla costituzione di campagne di advertising, non foss’altro per il fatto che il risultato, sia esso positivo o negativo, viene registrato e filtrato con gli strumenti che riempiono la capace cassetta degli attrezzi del marketeer. E’ sempre un’esperienza emozionante vivere tutto il processo costitutivo di una campagna del genere, dalle scelte in base alle quali provvedere alla profilazione del target di riferimento, al fermento creativo dell’ideazione fino alle ansie patologiche.
Le problematiche che vengono affrontate in ogni fase del processo costitutivo vengono, più o meno, gestite con una certa sistematicità. E per sistematicità intendo la capacità di tenere sotto controllo i parametri quantitativi e qualitativi grazie ai quali poter prevedere che il risultato finale potrà essere, al netto di una fisiologica approssimazione, in linea con le aspettative di tutti gli stakeholders in gioco.
Tutte affrontate e gestite con sistematicità, dicevo, tranne una. Che, forse, è paradossalmente anche rappresentativa del parametro più importante ed indicativo in gioco: la misurabilità dei risultati rispetto agli obiettivi posti. Come posso misurare l’efficacia di una campagna di adv in termini di INFLUENZA sul target di riferimento?
La teoria “classica”, ampiamente superata in letteratura ma ancora molto in voga soprattutto in contesti, come troppo spesso quello italiano, nei quali l’improvvisazione domina ancora sulla programmazione, enuncia più o meno che l’adv servirebbe (con stretta consequenzialità) ad INFORMARE – PERSUADERE – RICORDARE direttamente al target le istanze (prodotti, servizi, proposte, promesse, ecc…) relative a ciò che voglio vendere/proporre. Questo flusso monodirezionale non spiega granché: non è altro che una dichiarazione di intenti, per la verità anche abbastanza scontata e banale, che non aiuta minimamente a scendere al nocciolo della questione: come posso essere sicuro di aver colpito veramente il mio obiettivo, senza correre il rischio di aver sparato inutilmente le mie (costose) cartucce nel mucchio? Come oltrepassare la soglia indeterminata della speranza di un risultato positivo così complesso e mediato[1], passando alla ragionevole certezza di aver speso il budget a disposizione in modo efficace?
Per dare risposta a questa domanda, Paul Marsden, in un articolo pubblicato nel sito http://netpromoter.typepad.com/ dal titolo “NPS and advertising: a message from the President”, rispolvera una vecchia ma pivotale ricerca condotta, per conto della Columbia University, da Elihu Katz (http://it.wikipedia.org/wiki/Uses_and_gratification) e Paul Lazarsfeld (http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Lazarsfeld), il quale poi la riprese e la approfondì durante la stesura del suo libro “The People’s Choice”. L’obiettivo, in quel caso, riguardava l’analisi dell’efficacia della campagna elettorale per le presidenziali USA del 1940, che vedeva Roosevelt (Democratici) opposto a Willkie (Repubblicani).
Riprendendo la teoria del flusso di comunicazione a due livelli di Lazarsfeld, detta anche “degli effetti limitati” per contrapporla a quella classica appena citata[2], Marsden cerca di porre l’approccio a lui più caro, chiamato NPS - Net Promoter Score (http://www.netpromoter.com/), nell’alveo degli assunti degli illustri predecessori Katz e Lazarsfeld: essi conclusero la loro ricerca rilevando che la campagna elettorale del 1940 (e, in generale, ogni campagna di adv), non ebbe alcuna influenza sulla grande maggioranza degli elettori. Ciò che spinse il popolo americano alla scelta fu, invece, l’azione degli opinion leaders, una minoranza della popolazione (quantificata in circa il 10%) la cui attività risulta, però, cruciale: usando la terminologia di Lazarsfeld, nel primo livello essi acquisiscono, infatti, informazioni dai mass media attraverso l’adv, mentre nel secondo trasferiscono queste informazioni al gruppo sociale da loro influenzato.
Marsden non fa altro che trasferire queste argomentazioni nello schema basilare della NPS, nel quale domina l’azione dei Promoters, per avvalorare la tesi secondo la quale in tutte le azioni di diffusione e convinzione di acquisto nei confronti di un prodotto, di un servizio, di un personaggio quanto di un candidato, l’impegno di questo gruppo sociale sia il requisito di successo fondamentale, mentre la principale minaccia da combattere ed arginare sia il passaparola negativo originato dai cosiddetti “Detrattori” (Detractors).
L’adv, quindi, agisce non direttamente sugli individui da influenzare, ma offre argomenti, fornisce spunti e punti di riferimento ai promotori, affinché la loro azione di raccomandazione e convinzione sia supportata nel miglior modo possibile. La fiducia, il carisma, la buona reputazione sono le principali armi con le quali i promoters catturano la fiducia dei “Passivi”, al fine di attivarne la propensione di acquisto nei confronti di un determinato bene (o, in questo caso, il processo mentale di convinzione elettorale): una corretta campagna di adv è capace di modellare secondo le esigenze e le strategie del committente il bagaglio di risorse dialettiche a disposizione del promoter, facendo sì che egli non resti mai senza supporto nel poter comunicare l’eccellenza della scelta proposta.
Ma, concretamente, come può essere quantificata e computata l’efficacia della campagna di adv? Come poter prevedere gli effetti di uno strumento di comunicazione piuttosto che di un altro, in modo tale da approntare sempre il marketing mix più corretto e fruttuoso?
Ancora una volta l'approccio NPS può entrare in gioco, fornendo una serie di strumenti e parametri secondo i quali poter misurare in modo verosimile il grado di impatto positivo di uno o più promoters sul target di riferimento. Non solo: anche l’identificazione degli stessi promoters può, anzi deve seguire un approccio consapevole e scientificamente supportato. Chiaramente, sempre seguendo la linea proposta da Marsden, grazie alle tecniche che ruotano intorno al NPS. Ma di questo proverò a parlare in seguito, in un altro contributo, considerando anche alcune critiche che possono essere mosse nei confronti di questa impostazione.
[1] Gli individui che popolano il target di riferimento devono apprendere – essere convinti – ricordarsi dell’armamentario materiale ed immateriale costruito intorno all’oggetto proposto nella campagna soltanto vedendo e rivedendo un cartellone, uno spot, oppure ascoltando o riascoltando (magari…) un messaggio radio. Pare evidente la complessità di questi passaggi logici e di senso e la difficoltà di ottenerli in modo qualitativamente e quantitativamente soddisfacente.
[2] chiamata “degli effetti istantanei”, o “ipodermica”, oppure, in modo ancor più immaginifico ed intuitivo, “del proiettile magico”.

venerdì 18 aprile 2008

CUSTOMER & EMPLOYEE LOYALTY PER GESTIRE IL PROFITTO AZIENDALE

Il concetto di CRM (dal termine inglese Customer relationship management) è strettamente collegato al concetto di customer loyalty in un sistema di mercato nel quale per le aziende il cliente rappresenta il fulcro del profitto.
Stabilire un legame duraturo con la propria clientela è fondamentale e necessario per ottenere dei risultati traducibili in profitti, l’investimento in tecnologie automatizzate, in procedure e strumenti analitici che possano agire sui comportamenti individuali e collettivi della clientela e del proprio personale rappresentano uno dei punti fondamentali per garantire un business costante e duraturo nel tempo.
La scelta non casuale del nome “Allegiance”-“Lealtà/Fedeltà” per designare una società di servizi, riassume in poche lettere la vision ed il core business di un’azienda che ha fatto di un valore apparentemente semplice il proprio successo ed il successo dei suoi clienti.
La sua forza si basa su un sistema che incrocia il lavoro di una piattaforma Web (Engage Platform) a quello di un team specializzato in grado di assistere, monitorare e formare i propri clienti.
Investire in CRM non significa avere solo un ottimo software o un ottimo sistema informatico, bensì avvalersi, in maniera sempre più massiccia, di strumenti automatizzati per implementare una strategia di comunicazione, integrazione tra processi aziendali ed integrazione tra cliente ed impiegato.
Cercare una correlazione tra customer loyality e employee loyality genera un profitto costante e duraturo (Art. di Jamie Huish Stum Ott. 2007
www.allegiance.com), con Engage infatti, le aziende possono raccogliere i dati necessari, analizzare e rispondere in tempo reale alle lamentele, commenti e domande del proprio personale e della propria clientela misurando attraverso un software specializzato un targhet specifico di clienti e impiegati.
La piattaforma Web si presenta attraverso un software (SaaS -software as a service-
www.allegiance.com ) che può essere adattato con componenti e metodi secondo le esigenze dell’azienda richiedente.
Le sue applicazioni servono a mantenere il costante contatto tra clientela e impiegati ma servono soprattutto all’inserimento di informazioni nel database che possono essere registrate e analizzate. Allegiance raccoglie e misura le attitudini ed intenti del cliente e dell’impiegato quali stress, passioni, produttività, rischio etc. attraverso delle interviste anonime (Customer/Employee Voice) dei forum di discussione e chat on line per delineare dei feedback.
Le interviste sono svolte anche attraverso un sistema di telefonate anonimo (SilentWhistle) che non inibisce l’intervistato ed è un ottimo deterrente contro frodi e atteggiamenti inaccettabili e scorretti sul lavoro.
Il monitoraggio viene eseguito in maniera costante, gli strumenti che offre possono essere considerati un valido ed essenziale completamento per instaurare e migliorare il rapporto con la propria clientela ed il risultato mostra che il profitto è strettamente collegato alla soddisfazione del cliente e degli impiegati.
Una società che investe in CRM non investe solo in tecnologia ma anche in termini di risorse umane. Per garantire il massimo successo, gli esperti dello staff legano all’uso del software Allegiance i loro servizi professionali accompagnando il cliente nella fase di start up del procedimento d’indagine supportandoli con training e interviste anonime. È vero che la gestione delle informazioni viene automatizzata, ma è anche vero che la componente umana resta un elemento determinante.
I feedback e i report sono analizzati e misurati da un team specializzato (esperti di training, customer care e consultazione strategica) che garantisce il massimo del risultato accrescendo la 'cultura della loyalty' in azienda.
Allegiance assegna alla clientela un account manager esperto nei prodotti in grado di studiare i processi produttivi della società ed i suoi punti di forza, mentre il team che segue il cliente è suddiviso in diversi livelli secondo i bisogni del richiedente (levels of World-Class Support
www.allegiance.com ).
Per concludere citerei la frase di Patrick Barnard: Spesso le società perdono i propri clienti senza comprendere realmente il perché (Art EFM di Patrick Barnard Ott. 2007 da www.allegiance.com ) per sottolineare che non è facile comprendere come poter garantire un ottimo servizio e un ottima qualità del lavoro, proprio per questo motivo è fondamentale per un'azienda investire in CRM (inteso come software e strategie studiate ad hoc da esperti specializzati) per individuare problematiche e punti di forza che possano garantire un business duraturo e sicuro.
Allegiance si serve del concetto di loyalty per riconoscere dei bisogni, aiutando le aziende a determinare come viene percepito un prodotto, come viene presentato ed offerto, ma anche come vengono assistiti i clienti dagli impiegati (preparazione e lealtà sul lavoro).
L’aiuto e la professionalità di esperti del settore rendono chiari i valori etici e morali della propria società aiutando ad evidenziare deficit che possono rappresentare la soluzione del problema; affidarsi ad Allegiance significa curare la propria realtà aziendale internamente(Employee) ed esternamente(customer)migliorando quantità e qualità del proprio business.

venerdì 18 aprile 2008