domenica 20 aprile 2008

L'advertising efficace: l'approccio NPS

Occupandosi quotidianamente di marketing, spesso capita di contribuire, nei modi e nei tempi più disparati, alla costituzione di campagne di advertising, non foss’altro per il fatto che il risultato, sia esso positivo o negativo, viene registrato e filtrato con gli strumenti che riempiono la capace cassetta degli attrezzi del marketeer. E’ sempre un’esperienza emozionante vivere tutto il processo costitutivo di una campagna del genere, dalle scelte in base alle quali provvedere alla profilazione del target di riferimento, al fermento creativo dell’ideazione fino alle ansie patologiche.
Le problematiche che vengono affrontate in ogni fase del processo costitutivo vengono, più o meno, gestite con una certa sistematicità. E per sistematicità intendo la capacità di tenere sotto controllo i parametri quantitativi e qualitativi grazie ai quali poter prevedere che il risultato finale potrà essere, al netto di una fisiologica approssimazione, in linea con le aspettative di tutti gli stakeholders in gioco.
Tutte affrontate e gestite con sistematicità, dicevo, tranne una. Che, forse, è paradossalmente anche rappresentativa del parametro più importante ed indicativo in gioco: la misurabilità dei risultati rispetto agli obiettivi posti. Come posso misurare l’efficacia di una campagna di adv in termini di INFLUENZA sul target di riferimento?
La teoria “classica”, ampiamente superata in letteratura ma ancora molto in voga soprattutto in contesti, come troppo spesso quello italiano, nei quali l’improvvisazione domina ancora sulla programmazione, enuncia più o meno che l’adv servirebbe (con stretta consequenzialità) ad INFORMARE – PERSUADERE – RICORDARE direttamente al target le istanze (prodotti, servizi, proposte, promesse, ecc…) relative a ciò che voglio vendere/proporre. Questo flusso monodirezionale non spiega granché: non è altro che una dichiarazione di intenti, per la verità anche abbastanza scontata e banale, che non aiuta minimamente a scendere al nocciolo della questione: come posso essere sicuro di aver colpito veramente il mio obiettivo, senza correre il rischio di aver sparato inutilmente le mie (costose) cartucce nel mucchio? Come oltrepassare la soglia indeterminata della speranza di un risultato positivo così complesso e mediato[1], passando alla ragionevole certezza di aver speso il budget a disposizione in modo efficace?
Per dare risposta a questa domanda, Paul Marsden, in un articolo pubblicato nel sito http://netpromoter.typepad.com/ dal titolo “NPS and advertising: a message from the President”, rispolvera una vecchia ma pivotale ricerca condotta, per conto della Columbia University, da Elihu Katz (http://it.wikipedia.org/wiki/Uses_and_gratification) e Paul Lazarsfeld (http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Lazarsfeld), il quale poi la riprese e la approfondì durante la stesura del suo libro “The People’s Choice”. L’obiettivo, in quel caso, riguardava l’analisi dell’efficacia della campagna elettorale per le presidenziali USA del 1940, che vedeva Roosevelt (Democratici) opposto a Willkie (Repubblicani).
Riprendendo la teoria del flusso di comunicazione a due livelli di Lazarsfeld, detta anche “degli effetti limitati” per contrapporla a quella classica appena citata[2], Marsden cerca di porre l’approccio a lui più caro, chiamato NPS - Net Promoter Score (http://www.netpromoter.com/), nell’alveo degli assunti degli illustri predecessori Katz e Lazarsfeld: essi conclusero la loro ricerca rilevando che la campagna elettorale del 1940 (e, in generale, ogni campagna di adv), non ebbe alcuna influenza sulla grande maggioranza degli elettori. Ciò che spinse il popolo americano alla scelta fu, invece, l’azione degli opinion leaders, una minoranza della popolazione (quantificata in circa il 10%) la cui attività risulta, però, cruciale: usando la terminologia di Lazarsfeld, nel primo livello essi acquisiscono, infatti, informazioni dai mass media attraverso l’adv, mentre nel secondo trasferiscono queste informazioni al gruppo sociale da loro influenzato.
Marsden non fa altro che trasferire queste argomentazioni nello schema basilare della NPS, nel quale domina l’azione dei Promoters, per avvalorare la tesi secondo la quale in tutte le azioni di diffusione e convinzione di acquisto nei confronti di un prodotto, di un servizio, di un personaggio quanto di un candidato, l’impegno di questo gruppo sociale sia il requisito di successo fondamentale, mentre la principale minaccia da combattere ed arginare sia il passaparola negativo originato dai cosiddetti “Detrattori” (Detractors).
L’adv, quindi, agisce non direttamente sugli individui da influenzare, ma offre argomenti, fornisce spunti e punti di riferimento ai promotori, affinché la loro azione di raccomandazione e convinzione sia supportata nel miglior modo possibile. La fiducia, il carisma, la buona reputazione sono le principali armi con le quali i promoters catturano la fiducia dei “Passivi”, al fine di attivarne la propensione di acquisto nei confronti di un determinato bene (o, in questo caso, il processo mentale di convinzione elettorale): una corretta campagna di adv è capace di modellare secondo le esigenze e le strategie del committente il bagaglio di risorse dialettiche a disposizione del promoter, facendo sì che egli non resti mai senza supporto nel poter comunicare l’eccellenza della scelta proposta.
Ma, concretamente, come può essere quantificata e computata l’efficacia della campagna di adv? Come poter prevedere gli effetti di uno strumento di comunicazione piuttosto che di un altro, in modo tale da approntare sempre il marketing mix più corretto e fruttuoso?
Ancora una volta l'approccio NPS può entrare in gioco, fornendo una serie di strumenti e parametri secondo i quali poter misurare in modo verosimile il grado di impatto positivo di uno o più promoters sul target di riferimento. Non solo: anche l’identificazione degli stessi promoters può, anzi deve seguire un approccio consapevole e scientificamente supportato. Chiaramente, sempre seguendo la linea proposta da Marsden, grazie alle tecniche che ruotano intorno al NPS. Ma di questo proverò a parlare in seguito, in un altro contributo, considerando anche alcune critiche che possono essere mosse nei confronti di questa impostazione.
[1] Gli individui che popolano il target di riferimento devono apprendere – essere convinti – ricordarsi dell’armamentario materiale ed immateriale costruito intorno all’oggetto proposto nella campagna soltanto vedendo e rivedendo un cartellone, uno spot, oppure ascoltando o riascoltando (magari…) un messaggio radio. Pare evidente la complessità di questi passaggi logici e di senso e la difficoltà di ottenerli in modo qualitativamente e quantitativamente soddisfacente.
[2] chiamata “degli effetti istantanei”, o “ipodermica”, oppure, in modo ancor più immaginifico ed intuitivo, “del proiettile magico”.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

A proposito del AC milan si può dire che utilizza un marketing make and sell e sense and respond?
Perchè visto i risultati raggiunti non può che essere cosi..

Anonimo ha detto...

Ti consiglio di leggere:
Marketing management.casi

Anonimo ha detto...

Secondo P. Druker: “ Il Marketing è talmente importante che non può essere considerato come una funzione separata… Esso è l'intera impresa considerata dal punto di vista del suo risultato finale, cioè il soddisfacimento della clientela”.

Anonimo ha detto...

imparato molto